Il giornalista Michele Cannito, esuberante cittadino attivo dalla delega rottamata, preso dal comune dilemma di come superare malanni, mangiare sano e curarsi meglio, ha riunito sul palco del teatro Mercadante di Altamura, otto protagonisti a vario titolo per valutare la possibiltà di salvare la pelle dalle insidie del progresso disumanizzato.
Detto così, indurrebbe chiuque ad andare a mangiare una pizza in santa pace, ma conoscendo i personaggi sul palco, la serata si annuncia imperdibile.
L’anfiteatro umano propone, professori universitari, medici, esperti in terapia verbale e omeopatica, medicina alternativa e integrata, un chirurgo ed un agronomo sinergico, della serie una soluzione la troviamo. Per quanto mi riguarda, da ex Product Specialist ho conosciuto personalmente il prof. Gesualdo ed ho ritrovato Valentino Dibenedetto dalla frequentazione agronomica universitaria, al suo odierno successo enologico da agronomo sinergico con l’azienda L’Archetipo.
Quindi, il quesito è ovvio, sarà mai possibile curarsi in modo naturale, magari facendo ricorso alle vecchie pratiche esperienziali? Oppure avvantaggiarsi di cure mediche alternative? Che fare quando la cura aggiunge danno e sofferenza per patologie sempre più da modificazione genetica?
L’introduzione dell’agronomo è incoraggiante. Valentino mostra la sua foto di venticinquenne agronomo di successo, ammalato nel corpo e nello spirito. Cambia stile di vita, affronta le verità delle diluizioni e della ritenzione idrica corporea, delle infiammazioni, del cibo specie specifico, dell’humus quale matrice di vita e substrato per la trasformazione microbiologica, e ne sogna la tutela quale patrimonio dell’Unesco. Si indirizza all’agricoltura sinergica, senza ricorrere ad arature profonde, al massimo a sarchiature superficiali. In sintesi, ha cercato di dimenticare le forzature universitarie, per dedicarsi a pratiche colturali di assoluta sostenibilità ambientale. Si ritrova oggi con il suo progetto di agricoltura dell’azienda L’Archetipo a modello produttivo, una vita da vegetariano convinto ed un’immagine da asceta in ottima salute psicofisica, annientando la sua gioventù di studente malaticcio.
Irrompe il Prof. Gesualdo, da vero mattatore, impugna il microfono, si erge e riconoscendo la qualità del metodo sviluppato da L’Archetipo quale vantaggio preventivo nutrizionale, rivendica la fondamentale importanza degli studi scientifici, delle terapie dimostrate e l’obbligo etico e terapeutico nel trattare i casi acuti ed acclarati come cronici.
La discussione si anima con metodologie preventive a supporto, un approccio verbale costruttivo e risolutivo, tante esperienze per risolvere quanto ancora temiamo. Le testimonianze convergono verso un’ unica arte medica che unisca in accordo qualità della vita, ambiente sano, approccio positivo, rimedi e metodi privi di effetti collaterali e terapie con la massima efficacia possibile. Dal pubblico si moltiplicano interventi ed esperienze, anche autocelebrative, con dichiarazioni di soluzioni di successo e merito.
Nella realtà, l’agricoltura, l’inquinamento, hanno generato danni e depauperamento dei terreni produttivi in modo inequivocabile, ma le esperienze valide ed estreme come L’Archetipo, sono un sogno lontano per un’agricoltura e la sua economia che rinunci ad arature, concimi, fertilizzanti e basse produzioni, anche per salvare la pelle senza cedere alle lusinghe delle multinazionali ed un lavoro meno faticoso.
D’altra parte la medicina ed i suoi protagonisti, chiamati a curare piccoli e grandi malanni, dovranno essere ineccepibili garanti del giuramento di Ippocrate, rinunciando ad altrettante lusinghe.
Ad oggi i prodotti della terra sono venduti lontano dalle campagne, in grande quantità da coltivazioni intensive. Gli orti spontanei e familiari sono delle realtà folcloristiche e quasi fuorilegge, per prodotti che non siano lucidi e con etichette che dimostrino una sopravvivenza fiscale aziendale.
La medicina abbandona larghe fasce di cittadini fuori dalla prevenzione e dalla sua tutela, ed è accessibile ad utenti con ampie disponibiltà economiche ed assicurazioni costosissime.
La sensazione vera è che la consapevolezza sia maggiore dello stupore manifestato anche in questa agorà e la sensazione forte è che ognuno dopo il legittimo diritto al guadagno ed alla serenità sociale, sia compresso, limitato ed obbligato ad un comportamento “adeguato” per far parte della comunità.
Nel senso che, nel tripudio di competenze e consapevolezza, nessuno può ribellarsi od opporsi a quanto ci nuoce sino a rischiare la pelle di tutti e l’agorà diventa uno sfogataio disperato e civile.
Tante volte le castagne sul fuoco le hanno tolte la Magistratura o la generosità eroica di pochi e ne hanno anche pagato il prezzo, ma forse il referendum ci dà speranza, la soluzione fra le tante valide, sarà partecipare, non delegare e tenere alta l’attenzione per dare il nostro onesto, etico contributo il più frequente possibile. Le agorà, le inchieste ed i libri postumi, ci ricordano la nostra assenza.
Delfini vs Mammiferi 🙂