Facile da raccontare dopo, ma appena lo conosci “Massimo” l’Oste di Grottaferrata, ti confonde per carattere graffiante, simpatia irruenta ed ospitalità cristallina. Bisogna ricodificare l’udito alle frequenze veloci e narranti di questo “Romanaccio” nato nei dintorni di Torpignattara a Roma. La periferia è da sempre battaglia e Massimo, ha la corporatura da centurione e l’amata zietta, lo introduce alla carriera di secondino nelle patrie carceri di Roma capoccia. Qui si avvia la gavetta di uno dei più noti e chiacchierati osti della buona tavola, ma a quei tempi al ristorante ci andava da cliente. Estroso, curioso ed intraprendente, si trova nei reparti speciali a “custodire” Tony Negri, famoso estremista ideologo degli anni “80” e con lui si accultura, obbligato a frequentarlo tutti i giorni, fino a diplomarsi in letteratura e sociologia sul campo. La parentesi di pubblico ufficiale a Rebibbia, si interrompe allor quando, discute in carcere con l’ardore che lo contraddistingue, con tre baldanzosi brigatisti in soggiorno obbligato. Diciamo che le ragioni di Massimo, furono così chiare ed evidenti, che lo indussero a rassegnare le dimissioni ed i tre brigatisti a qualche settimana di convalescenza.
Apre una trattoria a Roma con la mamma e la moglie, gli piace ma non si entusiasma, segue quindi la via indirizzata dall’amico Veronelli, apre a Grottaferrata l’Osteria della Bon’Ora, dove cucinare e scegliere bene i prodotti del territorio con Mamma, Marisa, Flavietto e Marco l’enologo.
L’osteria è un locale molto ben curato, pezzi d’antiquariato e sculture moderne, sale in stile diverso, omaggi e coccole per i clienti, l’essenza di quest’omone schietto e gentile.
La cucina propone una scelta ristretta di piatti, ma tutti di gran gusto e di pregevole cottura. La degustazione inizia con una pappa al pomodoro, mozzarella liquida e pane croccante, fresca e profumata; crema di porri e patate, vellutata al palato e sapida; il “carcotto” un arrosto di vitello cotto in porchetta con aromi, bella scoperta. Due primi: Sua Maestà A’Matriciana in cornucopia di formaggio, appetitosa e gratificante e la Regina… la carbonara, ricca, colorata e sapida. Per i secondi immancabile la trippa alla romana, delicata e “che fico…il fegatello” fegato di vitello avvolto in pancetta con fichi neri, scioglievole e godurioso. Finiamo in dolcezza con la crema di Maria Luisa.
La cantina è sovrabbondante, internazionale, di gran qualità, con tante etichette, neanche forse abbinabili con lo stile culinario dell’osteria, ma siamo certi che Massimo trovi tante serate adatte per bere bene in compagnia di amici e familiari.
Bisogna dirlo, l’Oste è un personaggio particolare, autentico, da codificare per ascolto e qualità della sua ospitalità, che prescinde dal lavoro, forse una razza estinta, per noi, la prima volta.
Delfini Ostici 🙂